Wednesday, May 12, 2010

Operation Green Hunt - India's War on the People - the Book - Italian Review



Thanks to the CARC Party Italy for this Review in Italian edition of "Le Monde Diplomatique" of the Democracy and Class Struggle Book - Operation Green Hunt - India's War on the People.

OPERATION GREEN HUNT - INDIA’S WAR ON THE PEOPLE - ITALIAN REVIEW

Democracy and Class Struggle, Londra, 2010

«Il governo indiano ha aperto una ‘battuta di caccia’ contro il suo stesso popolo». Nonostante sia costretto su una sedia a rotelle, il professor G. N. Saibaba, docente di letteratura all’Università di Dehli e studioso di Gramsci, prende di petto la vita e la politica del suo paese, come dimostra il suo ultimo libro, Operation Green Hunt – India’s War on the People (Operazione Green Hunt – La guerra dell’India contro il suo popolo). «Le classi dominanti indiane – dice Saibaba al manifesto – hanno fatto la guerra ai popoli del Kashmir e ai movimenti di liberazione del Nord Est per almeno sessant’anni. Ora questa guerra si è estesa alle parti centrali e orientali dell’India.L’Asia del Sud, come il Medioriente, sta diventando teatro di un grande conflitto».

Green Hunt è il nome dell’offensiva militare condotta dal governo indiano nel cosiddetto «corridoio rosso», la zona mineraria che si estende dal Bengala occidentale, al Jharkhand e all’Orissa fino al Chhattisgarh: una zona ricca di foreste, diamanti, minerali, e abitata dalle popolazioni originarie, chiamate Adivasi: una zavorra per quell’India che, come ha scritto Arundhati Roy nel volume Quando arrivano le cavallette (Guanda), morde il freno, pronta a scattare in avanti e a corrispondere all’immagine di superpotenza emergente che negli ultimi anni il mondo le ha attribuito. «Un intoppo – dice Saibaba – per quelle compagnie affaristiche che vogliono le loro terre per fare di quelle ricchezze una risorsa per pochi. Per questo hanno finanziato una campagna assassina. I numeri parlano da soli: 644 villaggi sono stati incendiati ed evacuati nella zona di Dandakaranya, 300.000 persone obbligate a migrare fuori dalla regione, le comunità indigene Jharkhandis, i Gonds, il popolo di Kamtapur, Gorkhaland, e varie altre tribù costrette quasi all’estinzione».

L’India ha il più alto numero di profughi interni, dopo la Cina. La costruzione delle dighe ha cacciato dalle proprie terre oltre 30 milioni di persone. «Contro le popolazioni adivasi (circa 68 milioni), il governo ha usato ogni mezzo: dalle ordinanze dei tribunali alle gang di vigilantes fascisti, come i Salva Judum», denuncia ancora lo studioso. Saibaba, originario dell’Andra Pradesh, ha più volte analizzato nei suoi scritti la disperata situazione degli adivasi «il settore della popolazione più sfruttato e oppresso del subcontinente, insieme ai Dalit, che occupano il gradino più basso del sistema indiano delle caste. I Dalit – spiega il professore – appartengono a varie caste di “intoccabili”, non hanno alcun diritto e hanno a disposizione risorse minime. Sono il 17 % della popolazione indiana. Per millenni, non è stato loro consentito di imparare a leggere e scrivere. Solo durante il dominio coloniale britannico alcuni hanno potuto andare a scuola. Ma la politica coloniale ha anche consolidato il sistema delle caste. Oggi i Dalit sono nella stragrande maggioranza analfabeti e fanno solo lavori servili».

In India si conta più di un terzo del totale dei bambini denutriti nel mondo, buona parte dei quali si trova fra gli Adivasi e i Dalit. Gente superflua seduta su un tesoro, ha scritto ancora Arundhati Roy, che di recente ha compiuto un viaggio nel «corridoio rosso» e, insieme a molti artisti, intellettuali, uomini politici e uomini di pace, ha denunciato con forza l’Operazione Green Hunt e il genocidio dei popoli nativi.

Una situazione che non lascia agli adivasi altra scelta tra la morte o la rivolta. E per questo le loro terre sono anche quelle in cui più ha attecchito la guerriglia maoista dei naxaliti, un movimento nato negli ultimi anni ’60, che prende il nome dal villaggio Naxalbari, nel distretto di Jalpaguiri (Bengala del Nord). Lì, nel maggio 1967, prese corpo una rivolta di contadini poveri e di indigeni poi diventata movimento in armi. Un pretesto in più, per il governo indiano,per l’uso senza freni di mezzi militari: i maoisti – ripetono governo e media – costituiscono la più grave minaccia interna alla sicurezza del paese. Si dice controllino oltre 200 distretti.

Saibaba, – vicepresidente del Fronte democratico rivoluzionario, una federazione di organizzazioni di base che per il governo sostiene i naxaliti –, afferma invece: «Il ministro dell’Interno esagera l’espansione del movimento naxalita, anche se indubbiamente la sua influenza è andata aumentando nelle vaste regioni della parte centrale e orientale dell’India, e anche in olte altre regioni incluse le aree urbane. Qualche mese fa, la stampa ha trasformato una pacifica diffusione di volantini in un assalto armato a un treno. Tenere alta la tensione serve a distogliere dagli effetti nefasti dell’operazione Greent Hunt, a nascondere la forte opposizione che sta prendendo forma anche all’interno dello stesso governo


OPERATION GREEN HUNT - INDIA'S WAR ON THE PEOPLE :A selection of articles from India about the struggle of indigenous tribes against the seizure of their land and resources by transnational companies. The Indian State has launched a major military assault called Operation Green Hunt to try to crush the resistance of these poor and discriminated against people. The Maoist communists, who have long been waging rural armed struggle against the Indian State, are part of this resistance movement.

The book is 76 pages long and contains articles by Amit Bhattacharyya, Radha D'Souza, Satnam and Buta Singh and interviews with G.N Saibaba on Operation Green Hunt.

There is also the latest interview with Ganapathy General Secretary of CPI Maoist and interviews with Kisenji.

The book contains the full statement issued 14th February 2010 by the Co-ordination Committee of Revolutionary Communists of Britain on Solidarity with India's Indigenous Tribes against Social Discrimination and International Mining Exploitation.

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